Vitriol è uno sguardo gettato nel forno alchemico, segmenti di visioni interne all’anator. La tensione epidermica della luce e dei suoi riflessi nella serie Manufatti si immerge ora in uno stagno ribollente; la luce riflessa che rifiuta di farsi prendere ora sceglie di far pulsare il derma della pittura.
Se pensando all’alchimia vengono in mente esplosioni e strani intrugli, o al contrario simboli benefici di trasformazione interna, qui si guarda altrove: via dall’alchimia spirituale e da quella chimica da laboratorio. La vera cifra di un lavoro di questo tipo è l’umiltà di ascolto, un ascolto che non ripete i panorami dei sogni e non spiega le visioni dell’intelletto, ma che si piega alla dimensione della luce che interpreta la materia. Vitriol le tende un corpo ed appare per rinnovare l’abisso che non ha esaurito il suo essere abissale.